Sonnet XV
Januari
Voor de maand januari zijn je toebedacht,
zalen met knetterend vuur in open schouwen
en slaapvertrekken met hun toegevouwen
lakens van zijde onder eekhorenvacht;
Snoepjes en keurwijn en de warme dracht
van wollen weefsels uit Toscaanse gouwen:
zo kun jij je aan de winter toevertrouwen,
wanneer de scirocco giert door de nacht;
En overdag dikwijls buitengaan
en maagdelijke sneeuw doen zoeven,
naar meisjes die niet zijn weg te slaan;
En als men daarna moe en loom is,
samen met de makkers vertoeven,
aan de haard waar het goed rusten is.
Sonnet XXIV
Oktober
Oktober met zijn goede landelijke aard
verwent je met mooie najaarsdagen,
die geknipt zijn voor het vogeljagen,
zoals het je bevalt, te voet of te paard.
In zalen dansen als het buiten donker is
en wijnen drinken die genoegen schenken;
Er is geen beter leven te bedenken
en dat is zo waar als een goudstuk geel is!
En ’s ochtends vroeg uit de veren zijn
en gezicht en handen wassen, voor je begint
met gebraad en wijn als medicijn.
Zeker weten! Je zal veel gezonder zijn
dan vis die je in rivieren of zeeën vindt
en beter leven dan kwezel of begijn.
Vertaling: Lepus
Giacomo di Michele (bijgenaamd Folgore*) leefde tussen ca. 1270 en 1330.
Hij was in dienst van de Toscaanse stad San Gimignano Werken: “Sonetti dei mesi”, “Sonetti della settimana” en “Sonetti per l’armamento di un cavaliere”.
Di gennaio
I’ doto voi, nel mese de gennaio,
corte con fochi di salette accese,
camer’ e letta d’ogni bello arnese,
lenzuol’ de seta e copertoi di vaio,
tregèa, confetti e mescere a razzaio,
vestiti di doagio e di rascese:
e ’n questo modo star a le defese,
mova scirocco, garbino e rovaio.
Uscir di for alcuna volta il giorno,
gittando de la neve bella e bianca
a le donzelle che staran da torno;
e quando fosse la compagna stanca,
a questa corte faciase retorno:
e si riposi la brigata franca.
Di febbraio
E de febbrai’ vi dono bella caccia
di cervi, di cavrioli e di cinghiari,
corte gonnelle, e grossi calzari,
e compagnia che ve deletti e piaccia;
can da guinzagli e segugi da traccia,
e le borse fornite di danari,
ad onta degli scarsi e degli avari,
o di chi ’n questo vi dà briga e ‘mpaccia.
E la sera tornar co’ vostri fanti
carcati de la molta salvaggina,
avendo gioia ed allegrezza e canti;
far trar del vino e fumar la cucina,
e fin al primo sonno star razzanti:
e po’ posare ‘infin alla mattina.
Di marzo
Di marzo sì vi do una pischiera
d’anguille, trote, lamprede e salmoni,
di dèntici, dalfini e storioni,
d’ogn’altro pesce in tutta la rivera;
con pescatori e navicelle a schiera
e barche, saettìe e galeoni,
le qual ve portino a tutte stagioni
a qual porto vi piace la primera:
che sia fornito de molti palazzi,
d’ogn’altra cosa che ve sie mestero,
e gente v’abbia de tutti sollazzi.
Chiesia non v’abbia mai né monastero;
lassate predicar i preti pazzi,
ch’hanno troppe bugie e poco vero.
D’aprile
D’april vi dono la gentil campagna
tutta fiorita di bell’erba fresca:
fontane d’acqua che non vi rincresca,
donn’e donzelle per vostra compagna,
ambianti palafren, destrier di Spagna
e gente costumata a la francesca;
cantar, danzar a la provenzalesca
con instrumenti novi d’Alemagna.
E da torno vi sia molti giardini
e giacchito vi sia ogni persona:
ciascun con reverenza adori e ‘nchini
a quel gentil, c’ho dato la corona
de pietre preziose, le più fini
c’ha ‘l presto Gianni e ‘l re de Babilona.
Di maggio
Di maggio sì vi do molti cavagli
e tutti quanti siano affrenatori,
portanti tutti, dritti corritori;
pettorali, testere de sonagli,
bandère con coverte a molti ‘ntagli
di zendadi e di tutti li colori;
le targhe a modo degli armeggiatori;
viuole, rose, fior, ch’ogn’om abbagli;
e rompere e fiaccar bigordi e lance,
e piover da finestre e da balconi
en giù ghirlande, e ’n su melerance;
e pulzellette gioveni e garzoni
baciarsi ne la bocca e ne le guance:
d’amor e di goder vi si ragioni.
Di giugno
Di giugno dovvi una montagnetta
coverta di bellissimi arboscelli,
con trenta ville e dodici castelli,
che sian entorno ad una cittadetta,
ch’abbia nel mezzo una soa fontanetta
e faccia mille rami e fiumicelli,
ferendo per giardin e praticelli
e rinfrescando la menuta erbetta.
Aranci e cedri, dàttili e lumie
e tutte l’altre frutte savorose
empergolate siano per le vie;
e le gente vi sian tutte amorose
e faccianvisi tante cortesie,
ch’a tutto ‘l mondo siano graziose.
Di luglio
Di luglio en Siena su la saliciata,
con le piene enghestare de tribbiani,
ne le cantine li ghiacci vaiani;
e mane e sera mangiar in brigata
di quella gelatina ismisurata,
istarne roste, giovene fagiani,
lessi capponi, capretti sovrani
e cui piacesse, manza con l’agliata.
Ed ine trar bon tempo e bona vita,
e non andar de for per questo caldo;
vestir zendadi di bella partita;
e quando godi, star pur fermo e saldo,
e sempre aver la tavola fornita:
e non voler la moglie per gastaldo.
D’agosto
D’agosto sì vi do trenta castella
in una valle d’alpe montanina,
che non vi possa vento de marina,
per istar sani, chiari come stella;
e palafreni de montare ’n sella
e cavalcar la sera e la mattina:
e l’una terra a l’altra sia vicina,
ch’un miglio sia la vostra giornatella,
tornando tuttavia inverso casa;
e per la valle corra una fiumana,
che vada notte e dì traente e rasa;
e star nel fresco tutta meriggiana,
la vostra borsa sempre a bocca pasa,
per la miglior vivanda di Toscana.
Di settembre
Di settembre vi do deletti tanti:
falconi, astori, smerletti, sparvieri;
lunghe, gherbegli, geti con carnieri,
bracchetti con sonagli, pasto e guanti;
bolze, balestre dritt’e ben portanti,
archi, strali, ballotte e ballottieri,
sianvi mudati guilfanghi ed astieri
nidaci e di tutt’altri uccel volanti,
che fosser boni da snidar e prendere:
e l’un e l’altro tuttavia donando,
e possasi rubar e non contendere;
quando con altra gente rencontrando,
la vostra borsa si’ acconcia a spendere
e ’n tutto abbiate l’avarizia en bando.
D’ottobre
Di ottobre nel contà c’ha buono stallo,
e’ pregovi, figliuoi, che voi n’andate;
traetevi bon tempo ed uccellate
come vi piace, a piè ed a cavallo.
La sera per la sala andate a ballo,
e bevete del mosto ed inebriate,
ché non ci ha miglior vita, en veritate:
e questo è vero come ‘l fiorin giallo.
E poscia vi levate la mattina,
e lavativ’el viso con le mani;
lo rosto e ‘l vino è bona medicina.
A le guagnele, starete più sani,
ca pesce in lag’ o fiume o in marina,
avendo meglior vita di cristiani!
Di novembre
E di novembre a Petriuolo al bagno,
con trenta muli carchi de moneta:
la ruga sia tutta coverta a seta;
coppe d’argento, bottacci di stagno:
e dar a tutti stazzonier guadagno;
torchi, doppier che vegnan di Chiareta;
confetti con cedrata de Gaeta;
e béa ciascun e conforti ‘l compagno.
E ‘l freddo vi sia grande e ‘l foco spesso;
fagiani, starne, colombi, mortiti,
levori, cavrioli rosto e lesso:
e sempre aver acconci gli appetiti;
la notte ‘l vento, ‘l piover a ciel messo:
e siate ne le letta ben forniti.
Di decembre
E di decembre una città in piano:
sale terrene, grandissimi fochi,
tappeti tesi, tavolier e giochi,
torticci accesi, star co’ dadi en mano,
e l’oste inebriato e catellano,
e porci morti e finissimi cochi,
ghiotti morselli, ciascun béa e mandochi:
le botte sian maggior che San Galgano.
E siate ben vestiti e foderati
di guarnacche, tabarri e di mantegli
e di cappucci fini e smesurati;
e beffe far de’ tristi cattivegli,
de’ miseri dolenti sciagurati
avari: non vogliate usar con egli.
Sonetti per l’armamento di un cavaliere
I
Introduzione
Ora si fa un donzello cavalieri;
e’ vuolsi far novellamente degno,
e pon sue terre e sue castell’a pegno
per ben fornirsi di ciò ch’é mistieri:
annona, pane e vin dà a’ forestieri,
manze, pernici e cappon per ingegno;
donzelli e servidori a dritto segno,
camere e letta, cerotti e doppieri;
e pens’a molti affrenati cavagli,
armeggiatori e bella compagnia,
aste, bandiere, coverte e sonagli;
ed istormenti con gran baronia,
e giucolar per la terra guidàgli,
donne e donzelle per ciascuna via.
II
Prodezza
Ecco Prodezza, che tosto lo spoglia
e dice: «Amico, e’ convien che tu mudi,
per ciò ch’i’ vo’ veder li uomini nudi
e vo’ che sappi non abbo altra voglia;
e lascia ogni costume che far soglia,
e nuovamente t’affatichi e sudi;
se questo fai, tu sarai de’ miei drudi
pur che ben far non t’incresca né doglia».
E quando vede le membra scoperte,
immantinente sì le reca in braccio
dicendo: «Queste carni m’hai offerte;
i’ le ricevo e questo don ti faccio,
acciò che le tue opere sien certe:
che ogni tuo ben far già mai non taccio».
III
Umiltà
Umilità dolcemente il riceve,
e dice: «Punto non vo’ che ti gravi,
ch’e’ pur convien ch’io ti rimondi e lavi,
e farotti più bianco che la neve;
e intendi quel ched io ti dico breve,
ch’i’ vo’ portar dello tuo cor le chiavi,
ed a mio modo converrà che navi,
ed io ti guiderò sì come meve.
Ma d’una cosa far tosto ti spaccia,
ché tu sai che soperbia m’è nimica:
che più con teco dimoro non faccia.
I’ ti sarabbo così fatta amica
ch’e’ converrà ch’a tutta gente piaccia;
e così fa chi di me si notrica».
IV
Discrezïone
Discrezïone incontanente venne
e sì l’asciuga d’un bel drappo e netto,
e tostamente sì ‘l mette in sul letto
di lin, di seta, coverture e penne;
or ti ripensa: infino al dì vi ‘l tenne
con canti, con sonare e con diletto;
accompagnollo, per farlo perfetto,
di nuovi cavalier, che ben s’avvenne.
Poi disse: «Lieva suso immantinente,
ch’e’ ti convien rinascere nel mondo,
e l’ordine che prendi tieni a mente».
Egli ha tanti pensier, che non ha fondo,
del gran legame dov’entrar si sente,
e non può dire: «A questo mi nascondo».
V
Allegrezza
Giunge Allegrezza con letizia e festa,
tutta fiorita che pare un rosaio;
di lin, di seta, di drappo e di vaio
allor li porta bellissima vesta,
vetta, cappuccio con ghirlanda in testa,
e sì adorno l’ha che pare un maio;
con tanta gente che trema il solaio;
allor sì face l’opra manifesta.
E ritto l’ha in calze ed in pianelle,
borsa, cintura inorata d’argento,
che stanno sotto la leggiadra pelle;
cantar, sonando ciascuno stormento,
mostrando lui a donne ed a donzelle
e quanti sono a questo assembramento.